L’era dei Pesci la stiamo salutando adesso. Pare che sia un’epoca guidata dalla gerarchia della spiritualità, a partire dalla nascita delle religioni monoteiste. Alcune testate giornalistiche titoleggiano tutte un grande benvenuto all’era dell’Acquario, un’era di fratellanza, spiritualità e verità interiore. Una ragazza che usciva con un ragazzo con cui uscivo io un giorno gli disse (non so se lui se lo fosse inventato, per rimanere in tema) che io ero vera come un castello di carte, parafrasi: costruita e poco stabile. Questa definizione mi imbizzarrì. Come osava? Come si permetteva di dire di me cosa fossi, che sì e no mi aveva rivolto la parole tre o quattro volte mentre friggevamo coccoli e polenta. Sono passati 10 anni e giusto l’era dell’Acquario mi interroga sul relativismo della verità, riportandomi alla mente questa frase che ai tempi mi colpì tanto - soprattutto perché (forse) uscita dai denti affilati di una sconosciuta. Nella mia storia personale mi scopro indulgente con alcune persone, spietata con altre; accetto le verità di alcuni e trovo il modo di confutare quelle che non voglio suggellare. Ridurre la verità ad una mera “cosa” relativa è una banalità che dopo questo romanzo non ho intenzione di fare: piuttosto credo che la verità sia fluida e ci serva a convivere con la realtà che abbiamo davanti agli occhi - oggi è così, domani ci stacchiamo le cuticole a morsi pervasi dal dubbio. Appiccichiamo la verità sui corpi evidenti, sui corpi nudi, sui corpi non conformi: diamo loro un significato senza porci questioni sul vissuto, sui desideri, sui compromessi; non ascoltiamo le storie che ci vengono raccontate ma pretendiamo che ascoltino le nostre. Le nostre scuse, giustificazioni a come viviamo il mondo. Le storie che ci siamo raccontati per dirci che era chiaro agire in un determinato modo, quelle che ci raccontiamo consapevoli che ce la stiamo raccontando. Diciamo di cercare noi stessi chi nei libri chi nei viaggi chi nella musica, scappare e rifugiarci non salverà nessuno di noi dal crescente e dilagante dubbio su cosa siamo e sull’immagine che regaliamo agli altri. Su dove stiamo veramente al posto di questa congiunzione. Me lo chiedo ogni giorno, soprattutto negli ultimi mesi, dove risieda la verità di certe circostanze così ancora indissolubili dai miei sentimenti, mi chiedo valga la pena cercarla a costo di annientare il mio vissuto più recente e più colpito. Forse la verità potrebbe renderci liberi, ma a costo di quale percorso se permane la nuvolosa, torbida e incombente sensazione del dubbio; a questo punto meglio disegnarla come una scelta - questo sì che potrebbe renderci liberi.