Stagione 1 🎧 Episodio 20: Gianfranco Stevanin – Il Collezionista di cadaveri (Parte 2)
Diamo inizio alla seconda parte dell’episodio sul serial killer Gianfranco Stevanin.
Il 3 luglio 1995, un agricoltore di Terrazzo scoprì in un fosso di via Pegorare, nei pressi della casa di Stevanin, un sacco contenente i resti di un cadavere. Si trattava del tronco di una giovane donna.
Gianfranco Stevanin, al momento sotto custodia per violenza sessuale, fu immediatamente sospettato di omicidio, spingendo il magistrato a ordinare l’uso di ruspe per cercare ulteriori corpi.Â
Il 12 novembre dello stesso anno venne trovato un altro cadavere, anch’esso avvolto in un sacco, questa volta in un terreno di proprietĂ di Stevanin.Â
Era stato avvolto in così tanto cellofan da sembrare una mummia.
Le analisi del DNA confermarono che si trattava di Biljana Pavlovic, una cameriera di origine serba, di 25 anni, residente ad Arzignano, scomparsa ad agosto.Â
Il 1º dicembre, in un’altra fossa, adiacente al casolare di Stevanin, fu rinvenuto un terzo corpo: quello della veronese Claudia Pulejo, una giovane tossicodipendente residente a Legnago.
Durante gli interrogatori, Stevanin alternava momenti in cui sembrava ricordare i fatti, a improvvisi ripensamenti, dichiarando di soffrire di vuoti di memoria.Â
Gli furono inoltre attribuiti gli omicidi di Roswitha Adlassnig, una prostituta austriaca scomparsa da mesi e inclusa nel suo schedario e nei negativi di alcune fotografie non ancora sviluppate e sequestrate dagli inquirenti, e di un’altra donna mai identificata, immortalata in scatti che la ritraevano apparentemente senza vita durante un rapporto sessuale.
Il 19 luglio 1996, Stevanin decise di confessare, dichiarando di aver smembrato i corpi di quattro donne. Tuttavia, sostenne che gli omicidi non erano stati premeditati, spiegando che le vittime sarebbero morte durante rapporti sessuali estremi o, nel caso di Claudia Pulejo, a causa di un’overdose di eroina.Â
In merito al cadavere non identificato, affermò che apparteneva a una studentessa di cui non ricordava né il nome né il volto, sostenendo di averla incontrata soltanto tre o quattro volte. Durante le sue dichiarazioni, Stevanin descrisse le sue azioni come se fossero avvenute in uno stato di incoscienza, paragonandole a sogni in cui non aveva piena consapevolezza di ciò che stava facendo.
Deciso, finalmente, a collaborare, il 20 settembre 1996, Stevanin accompagnò gli investigatori lungo i fossi tra le province di Verona e
di Padova, indicando luoghi dove ricordava di aver gettato pezzi di corpo.
Di tanto in tanto, la memoria vacillava…
Dopo circa un anno, il 12 giugno 1997, in un canale di Merlara, in provincia di Padova, venne ripescata una coscia femminile.
Le analisi del DNA confermarono che apparteneva allo stesso corpo di cui era stato ritrovato il tronco di
scheletro il 3 luglio 1995. Si trattava, dunque, di una donna, molto probabilmente minorenne e di origine asiatica, mai identificata. Stevanin sostenne, ancora una volta, che la donna era morta durante un rapporto sessuale.
Il 23 luglio 1997, inoltre, un cadavere di donna ripescato a Piacenza d'Adige il 31 luglio 1994 venne finalmente identificato come quello di Blazenka Smoljo, prostituta croata di 24 anni: Stevanin ammise che la donna morì tra le sue braccia durante un atto di sesso estremo ai primi di luglio 1994.
🎧 Processo e condanna
Dopo numerose sedute per una perizia psichiatrica, Gianfranco Stevanin fu giudicato processabile e ritenuto pienamente capace di intendere e volere. Gli esperti conclusero che fosse mentalmente lucido, piuttosto intelligente, con un quoziente intellettivo di 114, e un abile calcolatore. Tuttavia, i periti della difesa contestarono questa valutazione, sostenendo che i disturbi di Stevanin fossero conseguenza dell’inciden