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December 28, 2022 8 mins
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LA CRISI ENERGETICA: QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE di Riccardo Cascioli
«Tutti intendono mantenere gli obiettivi sul clima, ma quando ti trovi davanti alla scelta se tenere accese le luci o diminuire le emissioni di carbonio, la scelta è di tenere accese le luci». Questa constatazione di Carlos Fernandez Alvarez, responsabile del dipartimento carbone e gas all'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), citato da Bloomberg, è una implicita ammissione della gravità della crisi energetica in Europa e nei paesi sviluppati. E fa da contorno alla notizia del nuovo ricorso al carbone per tamponare la mancanza del gas ed evitare i blackout elettrici.
La Germania ha già lanciato l'allarme e nel terzo quadrimestre del 2022 fa registrare un +13,3% di consumo del carbone rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, malgrado ci sia stato una rilevante diminuzione del consumo energetico totale. Il carbone oggi provvede per oltre un terzo del fabbisogno energetico della Germania. E per quanto il governo, in nome della lotta ai cambiamenti climatici, affermi che non cambia l'obiettivo di azzerare il consumo di carbone entro il 2030 (anticipando il precedente obiettivo che fissava al 2038 la data fatidica) la realtà sembra suggerire altrimenti.
Anche perché lo "scontro" con la Russia non è la causa principale del problema, è solo una circostanza che ha peggiorato e reso immediatamente evidente una crisi che è figlia invece della transizione energetica ed ecologica. Come ha giustamente notato Fraser Myers, vice-direttore di Spiked, «i nostri leader hanno passato gli ultimi 15 anni o giù di lì convincendosi che il vero obiettivo della politica energetica sia la mitigazione dei cambiamenti climatici, la riduzione dell'impronta carbonica della nostra produzione energetica. Il risultato è che i politici di tutti i partiti non solo hanno trascurato i nostri rifornimenti energetici e le infrastrutture, le loro deliberate scelte politiche le hanno rese anche più precarie».
IL MITO DELLE FONTI RINNOVABILI
Il mito delle fonti rinnovabili capaci di sostituire i combustibili fossili si sta rivelando disastroso. Myers si riferisce soprattutto al Regno Unito, che questa estate ha sfiorato un drammatico black out, evitato soltanto con un acquisto urgente di elettricità dall'estero a prezzi astronomici (il 5.000% dei prezzi normali), ma il problema coinvolge tutti i paesi europei: anche in Italia negli ultimi mesi si sono registrati localmente diversi blackout. E anche l'Italia ha registrato a ottobre un record nell'utilizzo di carbone per le centrali elettriche: +56,6% rispetto allo stesso mese del 2021, malgrado i consumi elettrici siano calati del 6,6%.
Il revival del carbone comunque è un fenomeno mondiale: un rapporto dell'IEA pubblicato dieci giorni fa prevede per il 2022 un incremento globale del consumo di carbone dell'1,2%, superando per la prima volta la cifra degli 8 miliardi di tonnellate in un anno. E la previsione è che rimanga su questi livelli almeno fino al 2025.
La crisi attuale potrebbe anche essere una benedizione se servisse a bloccare questa folle transizione energetica a tappe forzate: allo stato attuale sole e vento sono fonti troppo aleatorie e comunque discontinue per poter garantire un approvvigionamento sufficiente e regolare di energia, senza contare che le giornate sono più corte e grigie proprio in inverno quando la domanda di energia raggiunge il suo picco. Ma la lezione non sembra sia stata ancora sufficiente.
È vero, tutti i paesi europei stanno cercando di correre ai ripari per fare fronte all'attuale carenza di energia: i paesi che già ce l'hanno (vedi la Germania) spostano più in là la programmazione della chiusura delle centrali nucleari, si cercano nuovi fornitori di gas, e ripartono esplorazion
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