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September 2, 2025 7 mins
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MEETING DI RIMINI, LA CONTINUITÀ È SOLO APPARENTE di Riccardo Cascioli
 
Una premessa è d'obbligo: chi ha partecipato al Meeting di Rimini fin dalle origini (anche dalla prima edizione nel 1980, come il sottoscritto) sa benissimo che ci sono sempre stati due Meeting: uno, quello vissuto dai partecipanti, con incontri e mostre sempre stimolanti, lo spettacolo di migliaia di volontari che permettono un evento unico, e punto di incontro di tanti amici da tutta Italia e dall'estero; l'altro, quello raccontato dai giornali, più interessati agli incontri con i leader politici e che trattano Comunione e Liberazione (CL) come un soggetto politico ed economico e non un movimento ecclesiale capace di un giudizio sul mondo che permette incontri e confronti con personaggi di culture e religioni diversi.
Questo doppio binario continua sostanzialmente pure oggi, però nel tempo molte cose sono cambiate, una fondamentale anzitutto: è sparito un giudizio chiaro sulla realtà su cui le varie personalità invitate siano costrette a confrontarsi. Si evita qualsiasi cosa che possa essere vista come divisiva, non si trattano o appena si sfiorano temi caldi. Così che il Meeting è via via diventato un grande contenitore in cui si dibatte di tante cose con una passerella di personaggi che dicono ognuno quello che vuole.
Resta il commovente esercito dei volontari, c'è sempre la possibilità di visitare mostre interessanti e ben curate e di incontrare personalità meritevoli (alcune di queste proposte anche dalla Bussola in questi giorni), ma l'impressione è che si tratti di una eredità del passato che resiste in mezzo a una varietà di proposte che non hanno un filo logico, se non quello degli affari e degli "amici" di varia natura.
Ne è una conseguenza clamorosa il fatto che da anni nel programma della settimana riminese molti degli incontri hanno uno o più sponsor, grandi industrie o istituzioni politiche ed economiche, che ovviamente piazzano relatori e condizionano i contenuti. Insomma, è legittimo che a chi frequenti il Meeting possa sorgere il sospetto che chi paga decide anche cosa si dice.
SAVE THE CHILDREN
Ma c'è anche di peggio, perché alcuni incontri sono direttamente appaltati a delle associazioni partner. Non sarebbe problematico forse se ci fosse una perfetta sintonia di vedute, ma nel programma vediamo ad esempio l'ampio spazio che si sono ritagliati Save the Children, Intersos e WeWorld. Soprattutto la prima rappresenta una compagnia problematica, per la sua visione anti-familista, diseducativa e per il sostegno a politiche che promuovono aborto e contraccezione nei Paesi poveri. Ma anche Intersos e WeWorld realizzano, tra i tanti, anche programmi per promuovere i diritti sessuali e riproduttivi, che sappiamo benissimo cosa sottintendono.
Certo, non ne hanno parlato al Meeting, ma davvero i responsabili di CL ritengono che l'importante sia mostrare bambini denutriti e sofferenti per raccontare fame e guerra, senza preoccuparsi di come si pensa al loro destino? O non pensano che una certa concezione dell'uomo influenzi anche l'approccio alla povertà e alla guerra? Unirsi a questa compagnia significa dire che la fede non ha nulla da dire sulla realtà, cioè l'esatto opposto dell'intuizione da cui anche il Meeting è stato originato. Vuol dire che camminare insieme è più importante della méta, una posizione che va bene sicuramente al cardinale Matteo Zuppi, ma certo non è quanto testimoniava don Luigi Giussani.
L'aspetto comunque più evidente del cambiamento del Meeting è nel rapporto dei suoi responsabili con la politica. Da molti anni a questa parte si è smesso di guardare in modo critico al Potere per assecondarlo e accodarsi alla mentalità dominante. Uno degli esempi storici più clamorosi di questo passaggio riguarda la visione del Risorgimento: per anni, fino a metà del primo decennio del Duemila al Meeting si sono ospitati incontri e mostre che ponevano un accento critico sul processo che ha portato all'unità d'Italia e anche dopo. Poi, improvvisamente, nel 2011, i 150 anni dell'unità sono stati celebrati in pompa magna con la presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il Risorgimento è diventato un feticcio. E da lì è stata un'altra storia. Il portavoce storico del Meeting (dal 1989 al 2005), Robi Ronza, ebbe a dire che la svolta c'è stata in effetti nel 2015, l'anno di Matteo Renzi presidente del Consiglio, quando «il Meeting, e tutta la realtà ufficiale del mondo di cui esso è espressione, si sono presentati all'opinione pubblica come parte notabile dell'attuale establishment del nostro Paese».
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