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https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7824MOLTMANN, IL PADRE DEGLI ERRORI DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA di Stefano Fontana
Il 3 giugno scorso è morto a Tubinga all'età di 98 anni il teologo protestante Jürgen Moltmann. Egli viene di solito ricordato come "il teologo della speranza" a motivo della sua opera principale Teologia della speranza, pubblicata nel 1964 in Germania e nel 1970 in Italia da Queriniana. Ricordarlo in questo modo non è sbagliato o riduttivo perché quel volume non intendeva trattare un capitolo della teologia, appunto la speranza, ma aveva l'intento di riformularla per intero.
Dalla speranza derivava una nuova spiegazione di tutti i temi teologici tradizionali: la rivelazione intesa non tanto nel suo carattere dottrinale quanto in quello storico, la trascendenza intesa in senso temporale come futuro anziché in senso spaziale, il peccato come rifiuto della speranza, la grazia come dono della possibilità e della capacità di sperare, la conversione come avversione al presente e conversione al futuro. Da qui l'impatto rivoluzionario della sua teologia, legato all'idea tutta protestante del mondo diventato adulto, della secolarizzazione come fenomeno cristiano, della necessità di transitare verso una teologia secolare come l'anno seguente, il 1965, avrebbe sostenuto anche Harvey Fox con il suo libro The Secular City. Storia, speranza, futuro, prassi: queste le coordinate della nuova teologia che ritroviamo poi in tutta la teologia, anche cattolica, successiva.
UNA TEOLOGIA SECOLARE DAL LINGUAGGIO POLITICO
Sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, secondo Moltmann, Dio non è inteso come consacrazione di tempi e luoghi ma collegato con una parola di promessa. La promessa vincola l'uomo alla storia che sta tra la promessa e il suo compimento. Questo è lo spazio per la responsabilità umana, per il futuro, la morale e la prassi. La teologia della speranza è elaborata in chiave escatologica, affidando d'ora in poi al teologo non il compito di «interpretare il mondo, la storia e la natura umana, bensì di trasformarli nell'attesa di una trasformazione divina». Il luogo della rivelazione di Dio diventa la storia e Dio si rivela tramite promesse storiche e con eventi storici, a cominciare dall'Esodo. Compito del cristiano non è tanto di chiedersi chi Dio sia e quali siano i suoi attributi, ma individuare dove Dio sia all'opera nella storia e partecipare attivamente alla sua opera di redenzione. Bisognava eliminare ogni dualismo metafisico e ogni visione spaziale di Dio, creare una teologia secolare dal linguaggio politico: «questo implica che noi discerniamo dove Dio è all'opera, e quindi ci uniamo al suo lavoro: quest'azione incessante è un modo di parlare: facendo ciò il cristiano parla di Dio». La verità diventa azione. Chi è Dio non lo dirà il teologo attraverso discorsi, ma lo dirà la prassi dei cristiani.
Con Moltmann la dimensione della storia entra nella teologia e ne sconvolge i connotati. Il già citato Harvey Fox si avvicinerà alla teologia della speranza e sosterrà che «Dio ama il mondo e non la Chiesa» e si serve del mondo e non della Chiesa, e nel suo libro Il cristiano come ribelle nota che «Il baseball professionistico e non la Chiesa ha fatto i primi passi verso l'integrazione razziale. Siamo molto in ritardo in tutta questa faccenda. Dobbiamo correre per metterci al passo con ciò che Dio sta già facendo nel mondo».
LA VERA SVOLTA INNOVATIVA DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA
Come si vede, la "Chiesa in uscita" ha origini lontane. Le nuove suggestioni di Moltmann verranno riprese da Johann Baptist Metz nella sua "Teologia politica" e anche Karl Rahner farà propri gli stessi presupposti, a cominciare dalla secolarizzazione che impone di pensare che la rivelazione di Dio avviene nella storia dell'umanità prima che nella Chiesa. Si può p