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https://www.bastabugie.it/8134UNA SOCIETA' DI PADRI SENZA DIO, ECCO LA SERIE ADOLESCENCE di Tommaso Scandroglio
È un dramma e non è un giallo. 66,3 milioni di visualizzazioni in 11 giorni. Si tratta di Adolescence, serie tv britannica in onda sulla piattaforma Netflix. Il tredicenne Jamie Miller viene accusato di aver ucciso la coetanea Katie Leonard. Dieci minuti prima che si chiuda la prima puntata scopriamo che è vero: sì, è stato lui. Tutto qui. Oltre alla banalità del male a volte esiste anche la brevità del male che però è capace di riverberare i suoi effetti in profondità e a lungo.
Gli sceneggiatori Jack Thorne e Stephen Graham, che è anche il convincente interprete del padre di Jamie, hanno usato una vicenda iperbolica - un ragazzino che uccide una ragazzina - come lente d'ingrandimento per scrutare il mondo dell'adolescenza e il rapporto con la figura paterna.
Il cuore di questa serie è comprendere perché i ragazzi siano chiusi, violenti, incomprensibili, assenti, distanti e ribelli, insomma perché siano adolescenti. Thorne spiega al quotidiano The Guardian che Jamie «è il prodotto di genitori che non hanno visto, una scuola a cui non è importato nulla e un cervello che non l'ha fermato», oltre ai condizionamenti sociali, in specie Internet.
Partiamo dai genitori. L'idea dei creatori di Adolescence non è quella di gettare la croce addosso a questi. Il padre e la madre di Jamie sono persone equilibrate, prive di vizi, amorevoli con i figli, presenti, solide nel loro carattere. Così anche la sorella maggiore di Jamie. Quest'ultimo non ha subito abusi o traumi. Una famiglia, come si dice, normale. Ma, come ha accennato Thorne, non si sono accorti che in Jamie stava crescendo la mala pianta dell'odio, una disattenzione però non interamente a loro addebitabile: questi adolescenti sono indecifrabili come i codici che usano i ragazzi sui social per comunicare. È un'altra lingua, rivelatrice di un'altra cultura, di un altro mondo.
UNA SERIE SUGLI ADOLESCENTI E SUI PADRI
Adolescence è una serie sugli adolescenti e sui padri. Non sulle madri. Perché? Perché Jamie è maschio, anzi è un piccolo uomo mancato. Nelle quattro puntate - tutte girate in un vorticoso e vertiginoso unico piano sequenza - vi sono due figure paterne, entrambe positive, entrambi sui 50 anni: Eddie, il padre di Jamie, e Luke Bascombe, il detective incaricato del caso nonché padre di Adam che frequenta la stessa scuola di Jamie. Eddie e Luke sono virili, muscolosi, forti nell'aspetto e nelle scelte, decisi e risoluti. Come sono invece Jamie e Adam? Gracili (Jamie pare che abbia 10 anni), deboli (quando Jamie viene arrestato si urina nei pantaloni), esclusi dai compagni, bullizzati. Jamie, parlando con la psicologa, rivela che il padre si girava dall'altra parte quando, giocando a calcio, dava prova della propria inadeguatezza con il pallone. E inadeguatezza è la parola chiave. Jamie sa di essere la brutta copia di suo padre. Attenzione al particolare: Eddie ha conosciuto la madre di Jamie quando aveva 13 anni, la stessa età di Jamie quando ha ucciso la compagna. Jamie cerca l'approvazione del padre, il suo affetto, la sua stima e questi non delude, eppure nel confronto accesissimo e vibrante con la psicologa Jamie affranto ammette: «Sono brutto, il più brutto», pur non essendolo. Qui è la chiave di interpretazione più profonda di questa pellicola: in quel "brutto" c'è la distanza che lo separa dal modello paterno e dunque quel "brutto" certifica la mancanza di accettazione di sé, il rifiuto di sé, non tanto della propria identità, ma della percezione della stessa. Da qui l'odio, profondo, radicale, assoluto, accecante e devastante per sé e per gli altri, i compagni "riusciti" e le ragazze.
LA NON ACCETTAZIONE DI SÉ STESSO
L'ammissione di non accettazione di sé stesso ci conduce all'analisi di u