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April 25, 2024 33 mins

Nella nostra vita le interruzioni sono un problema all’ordine del giorno ma, fortunatamente, esistono vari metodi per contrastarle e addirittura girarle a nostro vantaggio. Nell’episodio di oggi ne parliamo un po’ e approfittiamo dell’argomento anche per imparare come funziona e come sfruttare meglio il nostro cervello.

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Fonti dell'episodio

https://www.pnas.org/doi/abs/10.1073/pnas.1611612115
https://www.stateofmind.it/2018/05/multitasking-abitudine-utile/
https://www.stateofmind.it/multitasking/
https://codeblab.com/wp-content/uploads/2009/12/On-Finished-and-Unfinished-Tasks.pdf
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/21688924/

Crediti

Sound design - Alex Raccuglia
Voce intro - Maria Chiara Virgili
Voce intro - Spad
Musiche - Kubbi - Up In My Jam, Light-foot - Moldy Lotion, Creativity, Old time memories
Suoni - Zapsplat.com
Cover e trascrizione - Francesco Zubani

Mark as Played
Transcript

Episode Transcript

Available transcripts are automatically generated. Complete accuracy is not guaranteed.
(00:00):
Quante volte ci capita di sentirci stanchi, in ansia e provare la sensazione da un lato

(00:06):
di aver perso tempo e dall'altro di avere mille cose in sospeso da fare?
Eppure noi ci impegniamo tanto, portiamo a termine sempre tante attività e ci prodighiamo
anche per gli altri, com'è possibile nonostante tutto ciò che ci sentiamo così?
Oggi parliamo di alcuni fattori della vita quotidiana che contribuiscono a farci essere

(00:29):
meno produttivi e più stressati, di come mitigarne gli effetti e addirittura di come
sfruttarne i meccanismi al nostro vantaggio.
Sigla.
Benvenuti su Pensieri in Codice, il podcast dove si ragiona da informatici, con Valerio

(00:51):
Galano.
Oggi come oggi le continue interruzioni al flusso dei nostri pensieri sono la pura normalità.
Personalmente non credo di conoscere nessuno che possa legittimamente affermare di esserne
totalmente esente.
Il nostro stile di vita e tutta la tecnologia di cui disponiamo ci hanno avvicinati fra

(01:17):
noi, hanno reso le comunicazioni più veloci ed efficienti, l'accesso alle informazioni
più immediato, ma hanno anche moltiplicato enormemente le possibilità di ciascuno di
essere raggiunto praticamente in ogni luogo e in ogni momento del giorno e della notte.
I nostri smartphone ci tempestano in continuazione di notifiche, messaggi, email, social network,

(01:42):
applicazioni varie.
E poi riceviamo chiamate al telefono o richieste a voce, domande e sollicitazioni varie da
parte delle persone che ci stanno intorno, a casa i familiari, al lavoro i colleghi e
così via.
Questa condizione è diventata ormai così normale e accettata che molti non si fanno

(02:03):
più problemi nemmeno a scrivere o a chiamare durante l'orario della pausa pranzo, della
cena o a tardasera e nei giorni festivi.
Per ora possiamo definirci fortunati se almeno le ore notturne vengono ancora rispettate,
per ora.
Il punto però è che se non facciamo qualcosa per ovviare a questo problema, possiamo potenzialmente

(02:26):
essere continuamente interrotti in quello che stiamo facendo, mentre lavoriamo, in vacanza,
quando siamo per strada, a tavola, davanti alla tv, leggendo un libro, praticamente sempre.
Con il tempo ci siamo abituati a questo status quo e ci prodighiamo ogni giorno per farvi
di fronte alla meglio, spostando continuamente la nostra attenzione tra l'attività che

(02:51):
stiamo svolgendo, per dovere o per piacere, e l'interruzione di turno, sia essa digitale
o analogica.
Questo tipo di impostazione del proprio lavoro o di gestione del proprio tempo in generale
viene comunemente chiamato multitasking, questo nome è mutuato dall'attività tipica dei

(03:12):
sistemi informatici di eseguire più compiti per volta, spostando continuamente la potenza
di calcolo tra di essi in maniera ciclica, e dando così la sensazione che essi siano
svolti contemporaneamente.
A poco a poco, negli ultimi anni, ci siamo un po' tutti convinti che il multitasking sia

(03:34):
la risposta naturale al problema delle interruzioni, e abbiamo iniziato a svolgere più compiti
in contemporanea, dedicando pochi minuti o addirittura pochi secondi a ciascuno di
essi a rotazione, e così, mentre scriviamo un documento, riceviamo una mail e ci prendiamo
5 minuti per rispondere, poi dedichiamo altri 3 minuti al documento finché non arriva un

(03:59):
messaggio al quale servono 30 secondi per rispondere, poi altri 2 minuti al documento
e così via.
Peccato che il cervello umano, a differenza di un microprocessore, non sia progettato
per funzionare in modalità multitasking.
Su di noi, le interruzioni hanno un impatto negativo enorme rispetto ad un computer, perché

(04:20):
in milioni di anni noi ci siamo evoluti per svolgere fondamentalmente un compito per volta.
Benché sul momento ci possa sembrare di stare conseguendo chissà quali risultati, la realtà
è che attuare il multitasking non solo non ci permette di rendere meglio di come faremmo

(04:41):
se svolgessimo le stesse attività affrontandole una per volta, ma ci porta anche a subire
tutta una serie di svantaggi.
Innanzitutto, in multitasking non performiamo meglio, perché nel passare da un'attività
all'altra entra in gioco un'operazione che, sempre mutuata dall'informatica, prende il

(05:03):
nome di Context Switch e consiste nell'azione di abbandonare tutti i pensieri e ragionamenti
che attualmente si stanno elaborando per prendere in considerazione quelli necessari per un'altra
attività.
Quando infatti ci dedichiamo ad un qualche compito, soprattutto se non è qualcosa di
già fatto centinaia di volte e per cui abbiamo sviluppato un automatismo, dobbiamo tenere

(05:28):
in considerazione tutta una serie di informazioni, obiettivi, prossimi passi, idee, elucubrazioni
ecc.
E ogni volta che passiamo da un compito all'altro, tutte queste informazioni vanno rimpiazzate
con altre inerenti il nuovo compito al quale vogliamo dedicare attenzione.
Dobbiamo anche noi, proprio come un microprocessore, attuare l'operazione di Context Switching.

(05:55):
Ora, vari studi, te ne lascio qualcuno in descrizione, indicano che per effettuare efficacemente
questo spostamento di informazioni occorrono in media dai 10 ai 15 minuti, a seconda della
complessità di ciò che si sta facendo.
Per questo motivo, aumentando le operazioni di Context Switching, finiamo con lo sprecare

(06:19):
tempo e risorse mentali che potrebbero invece essere risparmiate e riempiegate meglio, se
mantenessimo la concentrazione fissa su un'attività finché non la completiamo.
In secondo luogo poi, il multitasking potrebbe perfino avere effetti negativi sulla nostra
salute mentale se ne facciamo un uso eccessivo.

(06:39):
Anche su questo argomento ti lascio alcuni link in descrizione.
Ad esempio, è stato appurato come in alcuni soggetti il multitasking massiccio porti ad
un calo della capacità di concentrazione e di attenzione, oppure ad una forte riduzione
della memoria e della capacità di tenere a mente le cose da fare.

(07:00):
Infine, l'uso del multitasking può essere anche causa di produzione in eccesso di cortisolo,
che in genera stress, può aumentare l'ansia e può perfino incrementare il rischio di
depressione.
E questo spiega anche perché spesso, se lavoriamo sempre in multitasking, potremmo provare quel

(07:24):
perenne senso di insoddisfazione.
A onor del vero però, prima di passare al prossimo blocco, ci tengo a fare un paio di
precisazioni su questo discorso.
La prima è che io sto parlando di multitasking cognitivo, non di multitasking combinato cognitivo
e motorio.
In parole semplici mi riferisco al fatto di svolgere più attività contemporaneamente

(07:49):
che richiedano tutte una certa dose di concentrazione mentale, non al fare attività fisica mentre
si ragiona su qualcosa.
Un'attività fisica e contemporaneamente di riflessione è in realtà qualcosa di sano
e assolutamente consigliato.
Ti lascio in descrizione il link al libro L'arte di correre di Haruki Murakami che racconta

(08:12):
un bel esempio di multitasking combinato efficace, molto zen.
E la seconda precisazione invece riguarda il fatto che durante le mie ricerche ho trovato
alcuni studi che indicano nei più giovani effetti positivi del multitasking sul rendimento
scolastico.
Solo che non mi è chiaro come è stato valutato il concetto di positivo, perché da quello

(08:37):
che ho capito i soggetti che praticano multitasking massiccio, in campo multimediale quindi ad
esempio giocando ai videogame e guardando video, ottengono risultati scolastici migliori
in presenza di elementi distrattori rispetto a quando tali distrattori sono assenti.
E quello che non ho capito è in che senso aver bisogno di distrattori per rendere meglio

(09:02):
si può considerare positivo.
Se tu che ascolti ne capisci più di me, ci terrei a sentire la tua opinione, trovi anche
questo articolo in descrizione.
A contribuire all'inefficienza causata da un'attività di context switching continuo

(09:24):
ci si mette poi anche un'altra caratteristica intrinseca del nostro cervello che riguarda
la naturale difficoltà di ignorare le faccende in sospeso.
Si tratta di quello stesso fenomeno per il quale ci risulta fastidioso interrompere le
nostre attività senza essere giunti alla conclusione e per cui poi fatichiamo a togliercele

(09:48):
dalla mente.
Quante volte ci capita di lasciare qualcosa in sospeso e nei primi minuti provare quella
punta di ansia e poi ritrovarci a ripensare continuamente a quel qualcosa mentre stiamo
facendo altro nel corso delle ore o addirittura dei giorni successivi.
Non importa quale sia l'attività non completata, potrebbe trattarsi di una serie tv o di un

(10:14):
libro, di un lavoretto in casa, di un documento, persino di un oggetto lasciato fuori posto
o di una macchia da pulire.
Vale persino in caso di fenomeni molto più complicati come i rapporti interpersonali.
Avere una questione in sospeso con qualcuno e non aver potuto chiarire determinati aspetti

(10:35):
per qualsiasi motivo genera quel senso di ansia e fastidio, magari solo con intensità
diversa.
Beh, questo fenomeno, qualsiasi sia la forma in cui si manifesta, prende il nome di effetto
Ziganik dal nome della studiosa che lo osservò per prima nel 1920.
La leggenda narra che la psicologa russa Bulma Ziganik ebbe l'intuizione mentre si trovava

(11:02):
a cena al ristorante.
Mentre attendeva le proprie portate, la Ziganik assistette alle solite scene da locale di
ristorazione.
Camerieri che vanno avanti e indietro, prendono le ordinazioni, portano i piatti, ricevono
continue richieste eccetera.
La studiosa però rimase impressionata da come i camerieri, pur correndo su e giù fra

(11:25):
i tavoli, riuscissero a tenere a mente ordini anche molto complicati senza prenderne nota
e senza sbagliare un colpo.
Al tempo stesso poi, ella notò pure che, dopo che i clienti pagavano il conto, tutta
questa abilità mnemonica svaniva quasi istantaneamente e degli ordini effettuati qualche ora o addirittura

(11:46):
qualche minuto prima non restava alcuna traccia.
Da questa osservazione nacque lo studio Unfinished and Unfinished Tasks, a firma appunto della
Ziganik.
Studio grazie al quale la dottoressa dimostrò l'esistenza di quello che, proprio a partire
dal suo nome, fu definito effetto Ziganik.
L'idea di base utilizzata per portare avanti la ricerca è ben illustrata in un passaggio

(12:12):
del documento stesso che recita.
Qual è la relazione tra lo stato della memoria di un'attività che è stata interrotta prima
che potesse essere completata e di una che non è stata interrotta?
Sospettiamo che una quasi necessità non soddisfatta presumibilmente influisca anche sulla conservazione

(12:34):
puramente memoriale.
Ti lascio in descrizione il link al documento per approfondire, ma il succo della ricerca
è che ad una serie di soggetti furono assegnate delle attività da svolgere e di queste la
metà furono poi interrotte senza possibilità di essere completate.
I risultati fecero emergere che i soggetti coinvolti ricordavano con maggiore precisione

(12:59):
i dettagli dei compiti interrotti rispetto a quelli completati.
Secondo gli esperimenti dei ricercatori, infatti, sospendendo un compito prima della fine, le
informazioni che i partecipanti erano in grado di riportare aumentavano di una quantità
tra il 90 e il 110%.
In pratica, quindi, l'effetto Ziganic si riferisce alla tendenza del nostro cervello

(13:23):
a ricordare i dettagli delle attività sospese o interrotte e a dimenticare invece quelli
riguardanti le attività completate, liberando così la mente da informazioni non più immediatamente
necessarie.
Questa caratteristica del cervello, da un lato, può risultare davvero utile in quanto
è un'ottima cosa avere ben chiara in mente tutte le informazioni riguardanti ciò che

(13:48):
dobbiamo fare ed è anche positivo sentire l'impulso di voler finire ciò che abbiamo
iniziato.
Tuttavia, per contro, può anche trasformarsi in un ostacolo per la nostra produttività
e per la nostra serenità.
In primo luogo, infatti, a causa dell'effetto Ziganic, ogni compito non completato rimane

(14:11):
ad occupare un po' della nostra attenzione, frammentandola e rendendo così più complicato
per noi concentrarci sul lavoro attualmente in corso.
Ad esempio, un altro studio che trovi sempre in descrizione ha rivelato che le persone
interrotte durante un'attività ottengono risultati peggiori nell'attività successiva

(14:34):
rispetto a coloro ai quali è permesso di completare il primo compito prima di passare
al secondo.
Oltre a ciò, un'altra conseguenza negativa dell'effetto Ziganic è che, anche se stacchiamo
fisicamente dal lavoro, spesso le nostre attività incompiute ci seguono a casa, a cena, in vacanza,

(14:55):
nei fini settimane e perfino durante il sonno.
L'effetto Ziganic, infatti, fa in modo che il pensiero torni continuamente a ciò che
abbiamo lasciato in sospeso e, nei momenti di riposo, il cervello è più vulnerabile
a questa sorta di invasione.
Il risultato è una continua ansia che, per tanti di noi, si manifesta, ad esempio, con

(15:19):
quella sgradevole sensazione di trascorrere la domenica a pensare a ciò che dovremo fare
il lunedì successivo.
Purtroppo viviamo in un mondo complesso.
Sia nel lavoro che nella vita privata non possiamo smettere di svolgere determinate attività

(15:40):
in un certo lasso di tempo, banalmente dobbiamo tutti lavorare, no?
Però possiamo adoperarci per contrastare almeno le abitudini malsane e non indispensabili
come, guarda un po', le interruzioni e il multitasking.
Un primo passo, ad esempio, potrebbe essere quello di fare un utilizzo più consapevole
della tecnologia e, in questo senso, potremmo cominciare con il configurare al meglio i

(16:04):
nostri sistemi di notifica.
Conosco tante persone che ricevono tantissime notifiche ogni giorno.
Il loro approccio, solitamente, è quello di dare una rapida occhiata allo smartphone
o allo smartwatch e valutare, al volo, magari dal mittente, se si tratta di qualcosa di
più urgente o che possono ignorare.

(16:25):
Forse fai anche tu così, non lo so, io lo facevo accertamente fino a qualche anno fa.
Beh, sorpresa sorpresa, sappi che quella breve interruzione per valutare la notifica è anch'essa
un context switch.
Magari uno molto veloce, sempre che non si decida di rispondere o di leggere il messaggio
per intero, ma sempre di context switch si tratta e, come tale, distrae e consuma risorse

(16:53):
mentali, portando maggiore stress e meno efficienza.
Il fatto che spesso dimentichiamo, però, è che i sistemi di notifica sono ampiamente
configurabili e ci permettono di impostare filtri anche molto granulari, ad esempio in
base al mittente o all'applicazione o al fatto che si tratti di conversazioni di gruppo o
singole e così via.

(17:13):
Quello che voglio dire è che, invece di sprecare quei 5 secondi per ciascuna notifica che nell'arco
della giornata possono diventare minuti, e invece di subire decine o a volte centinaia
di interruzioni, abbiamo semplicemente la possibilità di farci fare una scrematura
automatica a monte.

(17:34):
Io lo faccio da ormai qualche anno e ti assicuro che i benefici sono enormi.
Smartphone e computer, o addirittura singole app e siti, permettono già di fare una buona
cernita.
Si tratta soltanto di riflettere un attimo su quali fonti ci portano informazioni urgenti
e quali no, e di dedicare un po' di tempo a configurare i vari sistemi in modo che

(17:59):
ci interrompano solo se necessario.
Poi sarà nostra cura controllare magari una o due volte al giorno o anche di più tutti
gli aggiornamenti meno urgenti che non ci sono stati segnalati direttamente e sono rimasti
lì ad aspettarci.
So che potrebbe sembrare un comportamento strano a chi è abituato a verificare e a

(18:19):
rispondere a tutto subito, ma non tutto è urgente e si tratta di una scelta importante
per la nostra serenità.
In pratica si tratta di frapporre un filtro che ci schermi dalla maggior parte del rumore
di fondo nel momento in cui siamo impegnati in qualcosa.
Provaci e vedrai che questa semplice contromisura ti aiuterà tanto ad alleviare lo stress e

(18:43):
ad aumentare la concentrazione.
Magari non riuscirai a tirare su un sistema perfetto, ma almeno migliorerai la tua situazione
e godrai dei benefici.
Una volta indirizzato il problema digitale, però, resta comunque poi quello analogico.
Le distrazioni non sono solo notifiche, ma anche effetto di azioni di chi ci è accanto.

(19:07):
Il collega, il cliente, l'amico, eccetera, sono tutte persone che ci orbitano intorno
e, volenti o nolenti, possono interromperci in quello che stiamo facendo.
Se una persona ci si avvicina per dirci o chiederci qualcosa mentre stiamo lavorando
o studiando, non possiamo certo applicargli un filtro automatico o ignorarla finché non

(19:31):
siamo pronti a risponderle.
Ma possiamo fare una cosa simile che, anche se inizialmente può sembrarci assurda, piano
piano può diventare una sana normalità.
Possiamo chiederle se la sua necessità è urgente.
So che per tantissimi è una cosa folle, ma utilizzare frasi del tipo «Scusami, è una

(19:53):
cosa urgente o ne possiamo parlare tra mezz'ora?» è in realtà perfettamente lecito, non è
offensivo e, come ho poi scoperto con il tempo, è anche piuttosto apprezzato da molti.
Non si tratta di un atteggiamento scostante e non si tratta di ignorare le necessità
altrui.

(20:14):
Si tratta semplicemente di chiedere educatamente tempo per completare ciò che si sta facendo
prima di dedicarsi, potenzialmente con molta più attenzione, al problema dell'altra persona.
Iniziare a comportarsi in questo modo porta tutta una serie di vantaggi per entrambi i
soggetti coinvolti.
Tu prova e fammi sapere.

(20:35):
In primis, tu avrai la possibilità di evitare un context switch e di completare ciò che
stai facendo senza aggiungere stress o ansia inutili.
Potrai valutare bene quanto tempo dedicare ancora all'attività in corso e scegliere
quando interromperla, sempre che non ti riesca tranquillamente di finirla in un tempo ragionevole.

(20:58):
E poi darai all'altra persona la sensazione che, a breve, le dedicherai la tua completa
attenzione e una porzione ben definita del tuo tempo, e non solo quei tre minuti al volo
con la testa che torna continuamente all'attività che hai interrotto.
Tornando ora all'effetto Zeigarnik, e partendo dal presupposto che avremo sempre delle cose

(21:28):
da fare, ci tocca scogitare un modo per trovare un sollievo nel caso in cui siamo proprio
costretti a interrompere un compito, e anche per poter staccare mentalmente quando non
siamo più al lavoro.
In effetti ci sono varie contromisure che possiamo mettere in campo per evitare o almeno

(21:50):
mitigare le conseguenze negative di questa particolare propensione del nostro cervello.
E già lo studio originale evidenziava che avere un buon sistema di organizzazione del
tempo e delle attività aiuta molto nel dare sollievo dallo stress causato dall'effetto
Zeigarnik.
Il trucco è mettere su un sistema per annotare le attività e i relativi dettagli che sia

(22:16):
rapido e semplice da usare, in modo da richiedere poche energie cognitive e permettere al contempo
un context switch quanto più efficace possibile.
Il cervello infatti, sapendo di poter recuperare facilmente al momento giusto tutte le informazioni
di cui avrà bisogno, non percepirà più il rischio di perderle e ciò placherà quell'impulso

(22:43):
di doverle tenere continuamente a mente.
Quello delle annotazioni, poi, è anche un buon modo per non farci occupare la testa
fuori dall'orario di lavoro.
Basterà infatti appuntare subito il messaggio del collega o la chiamata del capo o l'idea
che ci è venuta in mente per risolvere il tal problema e potremo rimandare il tutto

(23:07):
al primo giorno lavorativo utile.
Una volta implementato un efficiente sistema di organizzazione del tempo, poi il passo
successivo è quello di rivedere e riorganizzare la lista delle attività regolarmente, magari
una volta al giorno per le cose più urgenti e una settimana per la pianificazione più

(23:28):
generale.
Avere infatti una visione d'insieme su ciò che abbiamo fatto e su ciò che abbiamo da
fare durante il giorno e magari anche nei giorni a seguire, aiuta a placare l'ansia
dovuta all'incertezza e a smorzare quella sensazione di sospeso.
Inoltre, una buona pianificazione distribuisce meglio il carico di lavoro che non fa mai

(23:51):
male e funge da riassunto delle attività svolte nel corso degli ultimi giorni o settimane,
evitando quel senso di delusione che ci prende quando domande come ma che ho fatto oggi o
in cosa ho speso la mia giornata o la scorsa settimana restano senza una risposta.

(24:12):
Nel corso degli ultimi anni io ho sviluppato una strategia di pianificazione del tutto
personale e cucita sulle mie esigenze.
Tu però potresti iniziare col provare una strategia classica come la GTD o l'utilizzo
di un software come Todoist, per il quale ti lascio in descrizione una guida e il link

(24:33):
affiliato alla registrazione.
Per concludere il discorso è anche molto d'aiuto stabilire alcuni rituali giornalieri
che spezzino la concentrazione e permettano di fare un passo indietro e osservare come
stanno andando le cose da un punto di vista un po' più ampio.
Uno o due momenti della giornata, magari mentre facciamo pausa per bere un tè, un caffè

(24:59):
o banalmente guardare un panorama dalla finestra, nei quali lasciamo vagare la mente, possono
aiutarci a calmare lo stress e ripulire il cervello da faccende in sospeso, a patto sempre
di averle appuntate in modo da non dimenticarci poi di svolgerle.
Questi sono anche momenti buoni per ripensare a ciò che abbiamo fatto nelle ore precedenti,

(25:25):
una cosa che nella vita attuale così frenetica spesso dimentichiamo di fare è godere delle
piccole vittorie ottenute, prima di indirizzare l'attenzione alle cose ancora da fare.
Più di tutto, poi, è importante avere un rituale di chiusura della giornata lavorativa,
come sistemare e pulire la scrivania o chiudere tutti i programmi aperti e, tanto per cambiare,

(25:50):
annotare le attività non terminate.
Queste azioni, infatti, aiuteranno a separare il momento del lavoro da quello personale
e ad evitare di trascinarsi per tutta la serata pensieri e preoccupazioni lavorative.
So che se non l'hai mai provato ti potrà sembrare tutto molto teorico e tutto molto

(26:12):
zen, ma ti assicuro che, almeno nel mio caso, tutto ciò che ti ho descritto è stato un
ottimo modo per migliorare la mia vita.
In ultimo, dal momento che, da come abbiamo visto, il nostro cervello trova fastidiose

(26:32):
le situazioni ambigue e insospeso, noi possiamo anche farci furbi e provare a sfruttare l'effetto
Zeigarnik a nostro vantaggio.
In tal senso, quello che in realtà dobbiamo fare per capovolgere gli effetti negativi
dovuti alle interruzioni involontarie è semplicemente creare appositamente delle situazioni di sospeso

(26:55):
volontarie.
L'idea è quella di stigare la mente a inseguire un determinato obiettivo distogliendola di
tanto in tanto da esso, facendo così in modo che, a causa appunto dell'effetto Zeigarnik,
al ritorno essa sia ancora più smaniosa di continuare il proprio lavoro.
Si tratta esattamente del principio su cui si basano, ad esempio, le tecniche di compartimentazione

(27:21):
del tempo, cioè quelle tecniche che consistono nell'inserire interruzioni artificiali nel
flusso di lavoro.
Sarà capitato anche a te di impegnarti in un'attività di concentrazione, di procedere
in modo spedito e poi ad un tratto di perdere interesse, sentire la fatica, interrompere
e non riuscire più a riprendere.

(27:42):
Un momento prima sei lì che procedi a tutta forza e un momento dopo sopraggiunge stanchezza
e distrazione.
La fase iniziale di questo processo, quella produttiva, è chiamata di concentrazione
profonda, in inglese state of flow, ed è quella nella quale solitamente tutti noi otteniamo

(28:04):
i risultati migliori.
Tuttavia, essa si esaurisce dopo un certo periodo di tempo che può durare più o meno
a seconda della persona e difficilmente si presenta più di un paio di volte al giorno.
Con le tecniche di compartimentazione del tempo si sfrutta l'effetto Zeigarnik per aumentare

(28:24):
artificialmente la durata di questo periodo di concentrazione, inserendo proprio delle
pause forzate, spesso dettate da un timer, perché durante lo state of flow non si ha
una buona percezione del tempo che passa.
In questo modo, il cervello, interrotto mentre sta svolgendo un'attività, resta vigile

(28:45):
e concentrato sull'obiettivo per tutta la durata della pausa, che solitamente ammonta
3 o 4 minuti, e quando ritorna sul problema è ancora più smanioso di portare a termine
il suo compito.
Un esempio piuttosto conosciuto di questa strategia è la cosiddetta tecnica del pomodoro,

(29:06):
di cui abbiamo già parlato qui su Pensieri in Codice un bel po' di puntate fa.
Ti lascio anche questo link in descrizione nel caso in cui tu voglia recuperare l'episodio
ed avere un punto di partenza per provare la tecnica.
Come già ti dissi all'epoca, io la trovo veramente utile per svolgere determinate attività

(29:27):
come lo sviluppo del codice e lo studio, ma a seconda dei casi puoi impiegarla per
tanti scopi diversi, devi solo trovare quelli più adatti alle tue necessità.
Infine, dato che la concentrazione profonda non si presenta spesso durante la giornata
e anzi in certi momenti facciamo molta fatica anche solo a decidere di iniziare un'attività,

(29:52):
possiamo sfruttare l'effetto Zeigarnik anche per forzarci ad entrare nello state of flow.
Ad esempio, quando ci sentiamo scoraggiati e non vogliamo iniziare un lavoro perché
tanto sappiamo che non lo finiremo in tempo o siamo troppo stanchi per farlo ora o qualsiasi
altra scusa, potremmo ricorrere alla tecnica dei 5 secondi per attivare la concentrazione

(30:17):
profonda.
La cosa funziona più o meno in questo modo, anche se non hai voglia, prova a costringerti
ad adoperarti al tuo compito per almeno 5 secondi.
Se si tratta di scrivere un documento, ad esempio, aprilo e leggi l'ultimo paragrafo
che hai scritto la volta precedente.

(30:38):
Se si tratta di codice, riporta a video la funzione che manca o le ultime righe lasciate
in sospeso.
Se invece parliamo di un lavoro più manuale, inizia a disporre gli strumenti.
Perfino se il compito è semplicemente passare l'aspirapolvere, inserisci la spina e avvia
il motore.
E ora?

(30:59):
Se proprio non vuoi proseguire, rimetti tutto a posto o chiudi il file e rinuncia, nessun
problema.
In verità, però, il più delle volte vedrai come l'effetto Zeigarnik farà in modo che il
tuo cervello non voglia più interrompere ciò che hai iniziato e ti darà la spinta
necessaria per svolgere la tua attività, almeno per un altro po' di tempo.

(31:22):
E anche oggi l'episodio termina qui.
Se l'argomento è stato di tuo interesse, non dimenticare di condividerlo sui tuoi social
o meglio ancora ai tuoi colleghi ed amici.
Se invece ti ha fatto schifo, condividilo con i tuoi nemici.

(31:42):
Io, intanto, ti ringrazio per aver ascoltato e ringrazio anche i sostenitori abituali,
Edoardo e Carlo, per la loro donazione mensile.
E oggi un ringraziamento speciale va anche a Francesco Zubani, il quale ha fatto un lavorone
realizzando le locandine e le trascrizioni per tutti gli episodi di Pensieri in Codice,

(32:05):
utilizzando vari modelli di Machine Learning, Stable Diffusion, Mistral e Whisper.
Considerando che parliamo di quasi 130 episodi, il ringraziamento è veramente tanto tanto
sentito.
E tu che mi ascolti, mi raccomando, scorri il feed o visita il sito pensierincodice.it
per guardare tutte le nuove locandine e facci sapere cosa ne pensi.

(32:29):
Ti ricordo che sul sito trovi anche tutte le informazioni su come supportare il podcast,
come ricevere i gadget, come abbonarti al nuovo feed gratuito senza pubblicità, come
scrivermi, come unirti al gruppo Telegram, eccetera, insomma un sacco di cose interessanti.
Detto questo, non mi resta che salutarti, darti appuntamento al prossimo episodio, ma

(32:52):
senza mai dimenticare che un informatico risolve problemi, a volte anche usando il computer.
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On Purpose with Jay Shetty

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I’m Jay Shetty host of On Purpose the worlds #1 Mental Health podcast and I’m so grateful you found us. I started this podcast 5 years ago to invite you into conversations and workshops that are designed to help make you happier, healthier and more healed. I believe that when you (yes you) feel seen, heard and understood you’re able to deal with relationship struggles, work challenges and life’s ups and downs with more ease and grace. I interview experts, celebrities, thought leaders and athletes so that we can grow our mindset, build better habits and uncover a side of them we’ve never seen before. New episodes every Monday and Friday. Your support means the world to me and I don’t take it for granted — click the follow button and leave a review to help us spread the love with On Purpose. I can’t wait for you to listen to your first or 500th episode!

Dateline NBC

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