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June 26, 2023 7 mins
Un’ombra di morte purtroppo avanza in Europa, conquistando nuovi terreni e mietendo troppe vittime innocenti. Lo dimostrano i dati relativi ad Inghilterra e Galles, dove è stato raggiunto un tragico record storico, quello relativo al numero degli aborti praticati nei primi sei mesi del 2022, periodo cui si riferiscono gli ultimi dati diffusi dal Dipartimento governativo della Sanità e dell’Assistenza Sociale: tra il primo gennaio ed il 30 giugno dell’anno scorso sono stati praticati, infatti, 123.219 aborti ovvero 17.731 in più rispetto ai 105.488 praticati nello stesso periodo nel 2021. Se questo trend dovesse proseguire, il rischio è che anche su base annua il 2023 possa confermarsi come l’anno più nero per numero di bambini uccisi nel grembo materno.Incurante di tale drammatico campanello d’allarme, proprio all’inizio di quest’anno il Parlamento inglese ha vietato la preghiera silenziosa nei pressi delle cliniche abortive – con una multa fissa iniziale di 100 sterline, ma che può salire fino a 1.000 in caso di processo – ed ha negato la possibilità d’informare le donne circa le possibili alternative: secondo un emendamento alla legge sull’ordine pubblico, approvato a marzo dalla Camera dei Comuni, ciò è da considerarsi illegale.Anche in Irlanda, purtroppo, il tasso abortivo risulta in continua crescita: a cinque anni dal referendum, che ha eliminato dalla Costituzione la tutela per la vita dei bambini non nati, consentendone di fatto l’aborto per qualsiasi motivo fino alla dodicesima settimana ed anche oltre, quando si ritenga che la salute – anche mentale – della madre possa essere in pericolo oppure qualora il piccolo presenti un’anomalia ritenuta pericolosa per la sua vita entro 28 giorni dalla nascita.Prima di quel drammatico referendum, l’aborto in Irlanda era vietato. Nel 2019, anno di entrata in vigore della nuova normativa, furono uccisi 6.666 bambini nel grembo delle loro madri, nel 2021 il numero è salito a 6.700, nel 2022 si è raggiunto il triste record di 8.500 – oltre il 21% in più nel giro di un solo anno -, secondo quanto dichiarato dal ministro della Salute, Stephen Donnelly. «Una tendenza devastante – ha commentato Eilis Mulroy della Campagna Pro-Life Irlanda in un’intervista al quotidiano Register Questo è il risultato di un governo, che ha dimostrato una totale mancanza d’interesse nel fornire alle donne con gravidanze non pianificate reali alternative all’aborto».Non pare tuttavia che vi siano ripensamenti in merito: nuove nubi fosche si stanno anzi addensando in Irlanda, dove nei prossimi mesi dovrebbe essere esaminata dalla commissione parlamentare per la Salute una revisione della normativa, voluta dall’Ifpa-Associazione Irlandese per la Pianificazione Familiare, tesa ad eliminare il cosiddetto «periodo di riflessione» obbligatorio di tre giorni dopo il primo colloquio, entro il quale è ad oggi consentito alla donna un ripensamento. I dati, però, attestano quanto importanti siano stati in molti casi questi tre giorni: nel 2021 le consultazioni iniziali sono state 8.284, gli aborti praticati 6.700. Il che significa che ben 1.584 donne sono tornate sui propri passi e quindi che 1.584 bambini sono stati salvati. Togliere anche quel breve lasso di tempo per una riflessione personale, oltre ad esercitare un’indebita pressione psicologica tale da influenzare pesantemente le scelte, significa dimostrare di voler fare proprio di tutto pur di uccidere bimbi nei grembi materni.Il primo ministro irlandese si è dichiarato però «riluttante e a disagio» nell’apportare modifiche alla legislazione sull’aborto, promulgata solo cinque anni fa: «Quando io e altri ci siamo schierati per il Sì – ha dichiarato alla stampa il premier, Leo Eric Varadkar – abbiamo detto che ci sarebbero state delle garanzie, tra cui il periodo di attesa e la protezione delle obiezioni di coscienza». Rimangiarsi ora la parola data è evidentemente troppo persino per
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