Trump, Putin e l’ombra della Corte penale internazionale

Donald Trump e Vladimir Putin hanno annunciato l’intenzione di incontrarsi a Budapest nelle prossime settimane per discutere la fine del conflitto in Ucraina. Ma un ostacolo imprevisto minaccia di compromettere il piano: il mandato d’arresto internazionale emesso contro il leader russo dalla Corte penale internazionale (CPI). Putin, per raggiungere l’Ungheria, dovrebbe attraversare lo spazio aereo di Paesi che aderiscono al trattato di Roma e sarebbero tenuti legalmente ad arrestarlo.

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Dopo una telefonata di oltre dueore con Vladimir Putin, il
Presidente Donald Trump ha annunciato un nuovo incontro con
il leader russo a Budapest, ospiti del Premier ungherese
Viktor Orbán. L'obiettivo dichiarato è porre
fine alla ingloriosa guerra tra Russia e Ucraina.
Ma un ostacolo legale di peso rischia di mettere tutto in
discussione. Per recarsi in Ungheria, Putin

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dovrebbe attraversare lo spazio aereo di paesi europei che
aderiscono alla Corte penale internazionale.
La stessa che ha emesso un mandato d'arresto contro di lui
per crimini di guerra. E la Corte penale internazionale
ha confermato che gli Stati membri hanno l'obbligo legale di
eseguire i mandati d'arresto e che, in caso di mancata
cooperazione, la Corte può prendere provvedimenti e

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informare l'organo di supervisione competente.
L'Ungheria, tuttavia, si sta formalmente ritirando dal
Trattato di Roma un processo avviato all'inizio dell'anno
durante la visita a Budapest delPremier israeliano Benjamin
Netanyahu. Anche.
È oggetto di un mandato della Corte penale.
Una circostanza che fa dell'Ungheria il terreno più
favorevole per ospitare un leader come Putin, ma che non

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elimina i rischi del viaggio. Il Vertice, ancora da confermare
formalmente, segue settimane di contatti diretti tra Trump e
Putin. Dopo aver minacciato nuove
sanzioni contro Mosca e ventilato la vendita di missili
tomahook a Kiev, Trump ha improvvisamente frenato,
dichiarando di voler puntare sulla via diplomatica per

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fermare la guerra. Abbiamo parlato un po' dei

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tomahawk ha detto Trump ma anchegli Stati Uniti ne hanno
bisogno. Non è questa la prima volta che
il Presidente americano arriva aun passo da misure dure contro
la Russia, per poi tornare sui suoi passi dopo un dialogo
diretto con il Cremlino. In primavera aveva promesso
sanzioni, poi rinviate di due settimane, per valutare la
serietà di Putin. Lo stesso copione si è ripetuto

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in agosto, quando l'incontro in Alaska fu descritto come un
passo avanti verso la pace, senza però risultati concreti.
Trump continua comunque a mostrarsi fiducioso.
Forte del successo diplomatico tenuto nel cessate il fuoco tra
Israele e Hamas, ha affermato divoler estendere quella stessa
energia di pace all'Ucraina dopoil previsto incontro con

(03:00):
Zelensky. Invierà il Segretario di Stato
Marco Rubbio a trattare con gli emissari russi per definire i
dettagli dal vertice di Budapest.
Resta da capire se l'incontro potrà davvero avere luogo lì o
se ancora una volta, la diplomazia di Trump si scontrerà
con la realtà delle leggi internazionali.
La sua strategia nei confronti di Putin si muove su un crinale

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sottile tra pragmatismo e ambiguità.
L'idea di riaprire un canale diplomatico diretto può apparire
come un gesto di realismo politico, realpolitik.
Ma la scelta di un paese come l'Ungheria, in rotta con la
Corte penale internazionale, solleva qualche interrogativo
sull'effettiva coerenza dei valori occidentali.

(03:43):
L'Occidente, in particolare la NATO, non può permettersi di
sacrificare il principio di responsabilità penale
internazionale sull'altare dellaconvenienza diplomatica.
La pace per essere autentica, non può passare per l'impunità.
Trump sembra voler dimostrare che il dialogo personale tra
leader possa sostituire le regole del diritto e della
diplomazia multilaterale. Ma la storia insegna che le

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relazioni tra democrazie e regimi autoritari non si
governano con la simpatia reciproca, bensì con la fermezza
dei principi.