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April 24, 2024 12 mins

Quante volte hai sussurrato a te stess@, quasi a cercare conforto nelle difficoltà di una giornata storta, frasi che etichettano i tuoi figli come "timidi" oppure "capricciosi"?

Quante volte ti è capitato di pronunciare quelle parole davanti a loro, così, senza pensarci?

 

Quali etichette ti sono ancora invisibili, e qual è il loro impatto sui tuoi figli e sulla relazione che costruisci con loro?

 

In questo episodio scoprirai:

  • Le Parole sono Pietre: Esplorerai come le etichette che dai ai tuoi figli possano influenzare la loro autostima e identità.
  • Fasi di Crescita: Discutiamo come interpretare comportamenti e atteggiamenti tipici della preadolescenza senza ricorrere a semplificazioni dannose.
  • L'Importanza del Feedback: Troverai le strategie che ti occorrono per evitare di innescare meccanismi di conferma bias che rinforzano comportamenti non desiderati.

Questo episodio di "Piccoli Passi di Educazione Positiva" è un viaggio introspettivo, un'occasione per mettere in discussione abitudini radicate e per scoprire come possiamo sostenerci a vicenda.

Non perderti queste riflessioni: potrebbero illuminare il cammino verso una relazione più profonda e genuina con i tuoi figli.

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Transcript

Episode Transcript

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(00:00):
Timido, è timido.
Guarda, è in quella fase, insopportabile, insopportabile.
Eh, ma sai, la preadolescenza è la preadolescenza.
Quante etichette diamo involontariamente ai nostri bambini senza
accorgercene?
E in che modo questo, anziché aiutarci, va
in realtà a pezzolare le cose e a

(00:23):
danneggiare la relazione con loro?
Lo esploriamo in questo episodio.
Ciao e benvenuto al Piccoli Passi di Educazione
Positiva.
Qui è dove esploriamo come mettere in pratica
un'educazione il più possibile incoraggiante, rispettosa e
positiva nel buon umore.
Sono Clio, mamma di due bambini, passato in
azienda, oggi consulente in Educazione Positiva, coach genitoriale

(00:45):
all'interno del percorso online per genitori Tempo
per Crescere e oggi ti invito a sperimentare
nuovi punti di vista sulle etichette nascoste che
diamo ai nostri figli e come danneggiano la
relazione.
Un respiro, un sorriso e cominciamo.
Ben ritrovato, ben ritrovata, ce la posso fare.
Spero che tu stia bene, che abbia passato

(01:06):
una bella settimana, che le cose con i
tuoi bambini vadano alla grande, anche se sei
qui probabilmente perché ogni tanto ci sono delle
cose su cui...
Ah, aiuto!
Clio, aiutami, come si può fare?
Ed ecco perché il podcast è qui e
questo episodio è nato proprio da una riflessione
personale, perché lo sai, ogni tanto lo racconto.

(01:29):
Mia figlia grande, che tra poco compirà 11
anni, sta entrando nella preadolescenza e quindi ci
sono un sacco di situazioni simpatiche, un sacco
di situazioni più o meno faticose a che
affrontiamo e che affrontiamo insieme ed è stato
interessante per me osservare, dopo un po' di
tempo, le mie attitudini nei suoi confronti, cioè

(01:53):
che dopo un po' di situazioni e di
dinamiche che si erano venute a creare, in
cui litigavamo, in cui lei mi rispondeva in
un certo modo, io ribattevo, e nonostante tutto
poi clash, litigi, fatica, ma perché devi far
così, ma perché tu non fai cosa, perché

(02:13):
non mi capisci, ma perché tu non capisci
me, quelle cose simpatiche che colorano un po'
le nostre vite, mi sono resa conto che,
ok, io avevo utilizzato l'interpretazione della fase
di ingresso in preadolescenza per aiutarmi a capire
certi suoi atteggiamenti, certi suoi comportamenti che mi

(02:35):
mettevano in difficoltà, no?
Perché poi ognuno è fatto naturalmente a modo
suo.
Io sento sempre, spesso, il bisogno di capire
un po' più a fondo le cose, di
darmi una spiegazione per poter scegliere poi come
agire in maniera pertinente, per sentirmi rassicurata di
fronte a certe scelte rispetto a che altre,
insomma per avere una guida, vado alla ricerca

(02:58):
della causa o delle cause, di dare un
'interpretazione più completa e più profonda a quello
che avviene.
E quindi, forte di libri, letture, studi, consulenze,
robe varie, negli ultimi dieci anni, mi dico,
ok, perfetto, riesco a interpretare il comportamento, stiamo

(03:19):
dentro questa cosa, nel suo cervello succede questo,
fase dello sviluppo, bene bene, non sono pronta
ma ok, è così, partiamo, evviva!
E questo però mi ha portato a fare
tutta una serie di commenti di fronte, no?
Al parco incontri gli amici, incontri la famiglia,

(03:42):
magari c'è la sbuffata, gli occhi al
cielo, la frase, e quindi a dire, eh
sì, è la preadolescenza, è preadolescenza qui, la
preadolescenza là, e a iniziare a fare una
serie di commenti che di fatto, ovviamente non
me ne rendevo conto sul momento, di fatto

(04:03):
davano un'etichetta, no, a mia figlia, né
più né meno di come quando uno comincia
a definire proprio figlio testardo, testarda, timido, timida,
oppositivo, oppositiva, capriccioso, capriccioso, qualunque sia l'etichetta
che è un po' grosso, paurosa, eccetera, eccetera,
qualunque sia l'etichetta che diamo.
Il problema delle etichette è che di fronte

(04:26):
a un bambino o un ragazzo, o una
ragazza insomma, che ha ancora un'identità in
divenire, no?
e la cui identità e la costruzione dell
'identità si forma almeno in parte sulla base
del feedback che gli arriva, soprattutto dai genitori
o dagli adulti di riferimento, e poi naturalmente
man mano che crescono dai compagni, dalle compagne,
insomma dai coetanei, il fatto di vedere che

(04:50):
l'adulto di riferimento incasella e utilizza un
determinato tipo di aggettivo per descriverlo o descriverla,
fa sì che inizia a vedersi attraverso quella
descrizione, quella categorizzazione, e a rinforzarsi all'interno

(05:10):
di quella descrizione.
E questo è un altro meccanismo che avviene
nel cervello in automatico, a agire a rinforzo
di quella stessa descrizione, in modo inconsapevole.
Se dico al mio cervello che sono timido,
ah allora se sono timido affronterò con timidezza

(05:32):
in modo timido anche altre situazioni, vado a
creare una sorta di feedback di rinforzo e
di conferma, si chiama confirmation bias, per dire
al mio cervello, come dire, per confortarmi nella
convinzione che mi sono fatto o che mi
sono fatta.

(05:54):
Quando si dice che vogliamo avere ragione, vogliamo
avere ragione anche quando ci fa male, anche
quando non è utile, anche quando non è
la cosa più efficace o che corrisponde al
nostro desiderio, il meccanismo inconscio del nostro cervello
è quello di andare alla ricerca e di
confermare questa convinzione, piuttosto che di dover ricreare
delle nuove connessioni neuronali per formare una convinzione,

(06:18):
una credenza, un pensiero diversi.
E quindi è questo un po' il pericolo
delle etichette che diamo ai nostri figli, di
imprigionarli in qualche modo all'interno di un
comportamento, soprattutto quando è un comportamento che non
è per forza quello che vorremmo per loro,
e di richiuderli, di riemprigionarli in qualche modo,
di imprigionarli in qualche modo, scusatemi, all'interno

(06:40):
di un'identità che poi si porteranno dietro
per un po' di tempo, fino a che
magari non riprenderanno in mano con consapevolezza e
crescita personale la cosa, e dirsi no, non
voglio più stare dentro questa etichetta, ma causa
una certa fatica.
Quindi se riusciamo a evitarvelo tanto meglio.
Ma è stato interessante per me rendermi conto

(07:05):
di come inconsapevolmente iniziamo a mettere in campo
questo automatismo di dire mia figlia è in
preadolescenza, guarda è preadolescente, lo vedi è la
ribelle come i preadolescenti.
E giorno 1, giorno 2, giorno 3, a
iniziare a costruire questo schema di risposta dove
per cercare di dare, come dire, una conferma,

(07:27):
una validazione della mia fatica.
Era un mio bisogno quello, ero io che
stavo affrontando la fatica di non capire più
mia figlia, come facevo prima, di non sapere
più, di non ritrovarmi più immediatamente nel capire
il perché dietro le sue risposte o i
suoi atteggiamenti, e di capire come prendermi.

(07:49):
Nella mia fatica di riadattarmi a una nuova
fase della nostra relazione, a una nuova fase
della sua crescita, era il mio bisogno di
poter trovare nelle persone, nei miei contatti, nelle
persone intorno a me, come dire, una convalida,
una validazione delle mie emozioni, delle mie fatiche,
che qualcuno mi dicesse, caspita povera te che

(08:09):
ti trovi ad affrontare questo, eh certo capisco,
eh deve essere difficile.
Ed era in risposta a questo tentativo di,
come dire, di conforto in qualche modo, di
essere vista io nella mia fatica, che inconsapevolmente
mettevo in atto questo automatismo di etichettare mia

(08:34):
figlia all'interno di questa categoria del preadolescente
ribelle, e quindi senza rendermene conto di rinchiuderla
in qualche modo in questo circolo vizioso.
Ora ti racconto questa storia perché possa esserti
utile nel tuo quotidiano a guardare un nuovo
sguardo alle frasi che dici magari senza troppo

(08:55):
pensarci, no?
Quindi incontri il vicino di casa, la vicina
di casa, la mamma o papà degli amichetti,
le altre mamme all'asilo, questo vale per
qualunque età abbiano i tuoi figli, no?
O i tuoi genitori, insomma quelle conversazioni un
po' così, no?
In cui ti chiedono, dai, come va, cosa
ne dici, oppure in cui osservate, siete insieme

(09:16):
presenti durante un'interazione con i tuoi bambini
che ti risulta un po' difficile, e prova
a osservare che tipo di risposte dai automaticamente,
no?
Ma quelle piccole scene, no so, appunto incontri,
entri nel negozio e tuo bambino non dice
subito buongiorno, non saluta, o ciao, insomma non
saluta o si dimentica di dire grazie.

(09:38):
Cosa dici in automatico?
Magari dici è un po' timido o timida,
quali frasi hai come automatismo lì sulla punta
della lingua che tiri fuori in queste situazioni?
Sono quelle che sono interessanti perché sono quelle
situazioni dove sei un po' quel pilota automatico,
no?
Non sei per forza, non sono per forza
quelle situazioni un po' diverse, un po' particolari

(09:59):
dove quindi tendiamo a essere più presenti.
Sono talmente fluide, talmente semplici, non richiedono più
di tanto l'attenzione e quindi tante volte
è più facile che si inneschino questi meccanismi
automatici.
E quindi lì che è interessante per te
andare a guardare attraverso le tue risposte magari
automatiche e provare a vedere, ok?
Ma questo messaggio che io sto dando, che

(10:20):
cosa rinvia il mio bambino o la mia
bambina?
È un messaggio incoraggiante?
È un messaggio di apertura?
È un messaggio che rinvia la mia fiducia
nei loro confronti?
O è un messaggio di critica più o
meno velata?
È un messaggio di giudizio?
È un messaggio che categorizza in un modo

(10:40):
che non è utile?
E cosa cambia?
Come posso fare per rivolgere il mio sguardo,
anche proprio a livello di sguardo, no?
Di guardare i miei bambini o di rivolgermi
a loro come, non so, nel mio caso,
la ragazza più in gamba che conosco.
Uno sguardo di ammirazione, di piena fiducia, di

(11:04):
credo nel tuo potenziale, di so che darai
il meglio, di so che vedo in te
una grande luce, un grande potenziale.
Di questo tipo di fiducia qua.
E prova a vedere cosa cambia quando riesci
a portare consapevolezza su questo e riesci a

(11:24):
davvero, è proprio un pensiero alla fine, no?
E uno sguardo.
Ti immagini nei film, no?
In particolare nei film un po' romantici, ci
sono sempre quelle inquadrature in cui vedi lo
sguardo di lui o lo sguardo di lei
pieni di affetto, di amore, di desiderio.

(11:46):
Non c'è bisogno che dicano niente o
che facciano niente, già nello sguardo si percepisce
l'intensità dell'emozione e l'intenzione, no?
E il modo in cui considerano l'altra
persona in quel momento.
E quanto è incoraggiante nel vero senso del
termine, quanto è validante, quanto dà fiducia a
un bambino o una bambina, un ragazzo o

(12:08):
una ragazza, vedere il proprio genitore, guardarlo con
quegli occhi pieni di orgoglio, pieni di fiducia,
più di mille parole.
E quindi anziché sostituire l'etichetta con un
'altra e cercare magari delle frasi diverse, prova
a vedere anche come soltanto spostare la tua
intenzione, spostare il tuo modo di guardare, cambia

(12:28):
le relazioni tra te e i tuoi bambini.
Sono curiosa di sapere come va, quindi fammi
sapere nei commenti e naturalmente se hai domande
in merito sarò felice di poter rispondere anche
con un altro episodio di Podcast.
Io intanto ti ringrazio e vi do più
da me.
Alla prossima!
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